Sullo stesso argomento
“Between”, VIII, 16, 2018
Programma
Programma sessioni parallele
Sito del convegno
In memoria di Arrigo Stara.
Tema
La nostra è la civiltà degli schermi: computer, smartphone, navigatori, tablet, e-reader e videocamere di sorveglianza scandiscono e monitorano le nostre giornate, dal lavoro allo svago, alle sempre più guardinghe passeggiate serali. Lentamente ci hanno cambiato: la rivoluzione digitale ha creato un uomo diverso che privilegia la vista su tutti gli altri sensi, che guarda e vede diversamente, che vive e opera in non-luoghi irreali e mentali, e che ha delegato la propria memoria e la propria identità a minuscole macchine che regolano la sua esistenza; i social gli fanno credere di essere unico ma in realtà lo omologano a tutti in un mercato globale il cui imperativo è consumare spasmodicamente in cerca di una gratificazione che nessuna merce può dare.
Marshall McLuhan in Understanding Media. The Extensions of Man profeticamente si rifaceva al mito per spiegare la realtà tecnologica degli anni Sessanta: come Narciso non riconosceva se stesso nell’immagine che l’acqua rifletteva, così l’uomo non comprendeva che il medium elettrico che usava era una estensione del proprio io e, intorpidito, narcotizzato appunto da quel riflesso di sé, ne diveniva schiavo, servomeccanismo — perfetto esempio ne era il rapporto di dipendenza che intercorreva fra utente e televisore. Dall’era dell’elettricità come descritta da McLuhan siamo passati oggi a quella di internet, del digitale e della fibra ottica, e il rapporto fra strumento e utente si è fatto ancora più complesso e articolato.
Il convegno Compalit di quest’anno è dedicato quindi a un argomento avvolgente, e al contempo elusivo nella sua metamorfica globalità. Parlare e scrivere degli schermi è ormai come parlare dell’aria che respiriamo; come si fa a parlare intelligentemente dell’ovvio? Come si fa a distanziarsene abbastanza da notarlo, o addirittura studiarlo? Forse solo una disciplina come la comparatistica letteraria, in grado di assumere anche metodologie altre, di aspirare a una trasversalità duttile che non si arrende né al caos né alla banalità, oggi può sperare di farlo proficuamente.
Il convegno si svolgerà all’Università di Verona (18-20 dicembre) e vedrà la partecipazione di studiosi che agli schermi, alle loro implicazioni sociologiche, filosofiche, massmediatiche e patologiche, come alle loro rappresentazioni in letteratura, hanno dedicato ricerche ed opere, ma speriamo anche in un pubblico folto e partecipe, in grado di riflettere (senza farsi riflettere) sulle nuove fonti di Narciso.
Linee di ricerca
La polisemia e la pervasività del tema richiedono una rigorosa delimitazione del percorso d’insieme e degli interventi specifici, che saranno articolati in tre mezze giornate di sessioni parallele. Si propongono dunque sei direzioni di ricerca, raggruppate in tre macroambiti, alle quali i relatori sono tenuti a conformarsi. Non saranno infatti accettate proposte che non abbiano un’evidente pertinenza rispetto al tema del convegno e a tali linee-guida. Altrettanto cogente ai fini della selezione sarà l’impianto autenticamente teorico-comparatistico del progetto, attestato dall’abstract e anche dal profilo bio-bibliografico del proponente.
1. Dal passato al presente: rappresentazioni e attraversamenti
Coordinatori: Silvia Albertazzi (silvia.albertazzi@unibo.it), Clotilde Bertoni (clotber@tin.it), Guido Mazzoni (mazzonigm@gmail.com)
1) Dispositivi della rappresentazione. La sezione è incentrata sul ruolo dello schermo in quanto dispositivo della visione e di una messa in scena del mondo attraverso l’opera d’arte, intesa come «modello finito di un mondo infinito» (Lotman). In questo senso, lo schermo si inserisce in una lunga genealogia di paradigmi ottici (specchio, finestra, quarta parete trasparente, opera-schermo, casa di vetro) con cui la riflessione estetica ha messo a fuoco la natura della rappresentazione artistica, la dialettica fra la sua natura mediata e la sua pretesa di immediatezza, di realismo. Strumento di delimitazione del visibile, lo schermo è da un lato l’evoluzione tecnologica dei parerga di cui parla Kant: la cornice del quadro, la ribalta teatrale, il piedistallo della statua e poi appunto lo schermo cinematografico o televisivo, il monitor del computer, il touch screen di smartphone e tablet. D’altro canto, almeno da Stendhal in poi, lo schermo rimanda a quel paradigma della trasparenza su cui il realismo artistico ha costruito i suoi progetti più radicali, nel miraggio di un’abolizione del medium e di una resa immediata della superficie del mondo (si pensi alla narrativa behaviourista o alla tecnica della camera-eye).
2) Avventure della transmedialità. In un orizzonte di pratiche culturali e comunicative sempre più ibridate, i molteplici schermi della rappresentazione diventano il tramite per una migrazione di opere, autori, personaggi e narrazioni da un medium all’altro. Le figure dei romanzi di Jane Austen o miti moderni come Frankenstein e Sherlock Holmes – tanto per fare alcuni esempi – lasciano le pagine dei libri in cui sono nati e riprendono vita sugli schermi del cinema, della televisione o dei videogiochi, in una fruizione che sollecita una percezione sensoriale sempre più dinamica e complessa. D’altro canto, lo schermo in quanto confine della rappresentazione si presta a giochi di cornice, violazioni della soglia tra mondi diegetici diversi, come nel caso tipico della metalessi cinematografica (esempio ormai classico è La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen).
2. La moltiplicazione degli schermi
Coordinatori: Giulio Iacoli (giulio.iacoli@unipr.it),
Matteo Rima (matteo.rima@univr.it), Stefano Tani (stefano.tani@univr.it)
3) Tra generi, arti e media: gli schermi tematizzati. Il campo di indagine è la tematizzazione esplicita degli schermi tra generi letterari, cinema, teatro, televisione, videoarte ecc. In molti casi le dinamiche percettive indotte dagli schermi implicano un rapporto specifico con la soggettività dei personaggi, con effetti di costruzione (o decostruzione) dell’identità. Possibili declinazioni specifiche attraverso le arti e i media: lo schermo nello schermo tra cinema e televisione; l’uso dello schermo come dispositivo scenico negli allestimenti teatrali.
4) Interazioni e narcisismi nell’era digitale. Ormai si vive negli schermi e attraverso gli schermi; c’è chi sciorina ad amici spesso disattenti o inesistenti tutte le fasi della sua giornata, in attesa di un riscontro su Facebook; c’è chi passa su siti pornografici gran parte delle sue serate o si fa selfies che nessuno guarda o ritiene valgano un commento. Comunque sia, gli schermi con il loro opaco riflesso danno sollievo momentaneo a infinite solitudini, tanto più narcisistiche quanto più solipsistiche. Contribuiscono alla costruzione di una nuova soggettività che si ciba e si regge sul riconoscimento di altre simili soggettività, tanto frettolose quanto quella di chi si espone per primo all’approvazione altrui – ma se la risposta c’è, qualunque sia, si esiste, e questo ormai è quanto basta nel mondo di un virtuale che ha soppiantato il reale.
3. Etica ed estetica
Coordinatori: Federico Bertoni (federico.bertoni@unibo.it), Stefano Ercolino (stefano.ercolino@virgilio.it), Mauro Pala (pala@unica.it)
5) Schermi della ricezione, ricezione degli schermi. La sezione è più nettamente orientata sul versante della ricezione. Accoglie riflessioni generali sulla teoria dei media, da declinare anche in termini storici rispetto all’evoluzione tecnologica e ai cambiamenti delle forme di percezione, delle modalità di attenzione e delle dinamiche dell’esperienza estetica. Pertinenti le indagini sulle esperienze di embodiment ed empatia, anche alla luce delle recenti ricerche nell’ambito delle scienze cognitive. Altri possibili ambiti di studio: l’impatto delle digital humanities sull’esperienza letteraria; le trasformazioni dell’atto della lettura con il passaggio tra vari dispositivi (principalmente dal libro all’e-book); teorie e modelli della spectatorship cinematografica.
6) Dal consumo alla patologia. Susan Sontag sosteneva che la malattia del XIX secolo era la tubercolosi, da Daisy Miller a Hans Castorp, la malattia di un sentire esasperato, e quella del XX secolo il tumore, la malattia della repressione di quel sentire, dal precursore Ivan Il’ič a tutti noi. Oggi l’Alzheimer può essere considerato il morbo derivato dagli schermi, da quell’eccesso di dati e di immagini che nessuna memoria umana può immagazzinare, il consumo via internet che consuma infine il consumatore e la sua carta di credito. L’Alzheimer è quindi la malattia del XXI secolo, la riduzione del consumatore compulsivo in zombie, dai film di Romero ai nostri giorni. Ma il malato di Alzheimer, l’uomo svuotato che nessuno vuole assistere (se non a pagamento), è ormai anche metafora dell’immigrato, del senza tetto, di qualunque creatura che il mondo occidentale pseudo-democratico accoglie in teoria e rigetta in realtà.
Comitato scientifico
Silvia Albertazzi, Clotilde Bertoni, Federico Bertoni, Stefano Ercolino, Giulio Iacoli, Guido Mazzoni, Mauro Pala, Matteo Rima, Stefano Tani.
Organizzazione
Università degli Studi di Verona, Dipartimento di Culture e Civiltà.